domenica 2 settembre 2007

Le gocce di consapevolezza

Cari amici, bentornati nella stanza dei fiori! Con piacere leggo alcuni dei vostri commenti e da quello che riesco a scorgere dalle vostre righe emerge una gran voglia di cambiare, di vivere una vita migliore o diversa da quella attuale. Tutto ciò va bene, ma se accade senza sforzo e senza pensieri ridondanti. Lo sforzo misura solo la nostra fatica e la nostra resistenza di fronte agli eventi che ci capitano. Ma, badate bene, non è sforzandoci che realizzeremo i nostri desideri e non è con i pensieri che staremo meglio, mai. Bisogna ricordarsi che i pensieri si traducono in materia (cioè modi di comportarsi, modi di parlare e di interpretare la vita), ma è una materia stagnante, vale a dire che non provoca alcun cambiamento, alcuna innovazione. I pensieri fanno parte di coloro che credono di sapere già tutto: come sono fatti, quali sono le cause dei loro disagi e come andrà la loro vita. No, non è così. I pensieri ci danno solo l'illusione di credere che siamo quel personaggio che ci siamo messi in testa di essere, sempre sicuro, certo, pieno di determinazione. I pensieri non danno la libertà e non fanno di noi esseri "migliori", anzi. I pensieri danno l'idea di permanenza, di staticità, di lamentela e di fatica. La nostra anima, che ci crea incessantemente a discapito dei nostri modi di vedere le cose, rifugge i pensieri, le opinioni e le spiegazioni. Non sa che farsene. L'anima è quel "qualcosa" che, senza saperlo, senza doverlo spiegare, da una cellula-uovo fecondata ha "fatto" prima un embrione, un feto, poi un neonato, un giovane, un adulto. E continua a crearci anche mentre sto scrivendo queste righe, in questo preciso istante. L'anima, che non scaturisce dalla razionalità, ma che è già esistente negli abissi di ognuno di noi, fa quello che va fatto. Lei non pensa, non ragiona sulle cause come facciamo noi, lei non cerca una spiegazione, lei non "fa fatica". La cosa fondamentale che dobbiamo imparare per stare bene con noi stessi è fare attenzione alle azioni di tutti giorni, quelle più banali, più stupide. Bisogna imparare ad essere lì, presenti mentre si fanno le cose ed osservare se in quel momento stiamo facendo fatica. Sì, bisogna guardare, ogni tanto nella giornata, se c'è sforzo nelle azioni che compiamo quotidianamente. Se constatiamo lo sforzo, allora vedremo ben presto che questa sensazione nasce quasi sempre da un pensiero rivolto al passato oppure al futuro. Per esempio, nella nostra mente potranno risuanare frasi come: "Tra un'ora devo andare dal dentista. Chissà quanto mi farà pagare per quell'otturazione...ecco che il week-end al mare è sfumato...capitano proprio tutte a me!", oppure "Chissà se lui/lei avrà capito che cosa gli ho detto ieri? Non so, forse dovrei essere più incisivo, più bastardo, gliela devo far pagare in qualche modo, non può trattarmi così!", oppure ancora "Devo decidermi a mandare i curriculum per quelle aziende...non so mai decidermi a fare le cose, è sempre difficile trovare lavoro!". Queste sono le cose da non fare, ma che in realtà facciamo molto spesso, anche mentre ci vestiamo o beviamo un caffé. Invece, mentre svolgiamo le azioni più banali proviamo a calarci completamente in ciò che stiamo facendo. Mentre guido, porto la mia attenzione alle mani che sono sul volante, mentre scrivo al computer alle dita che scorrono sui tasti. E basta. A chi fa così, a chi riesce a "far parlare" l'azione al posto suo, l'anima regala "gocce di consapevolezza" utilissime al nostro benessere interiore e ci porta la pace. E ci ricorda che siamo proprio lì dove ci troviamo in quel momento e che pensare a cosa dovrò fare tra un'ora, dove dovrò andare o cosa va storto nella mia vita non solo non risolve i miei disagi, ma non fa altro che cronicizzarli e renderli perpetui. Se "qualcosa", senza saperlo e senza pensare, mi ha creato quando ero un embrione, allora io lascio fare a quel "qualcosa", a quell'intelligenza, a quella sostanza misteriosa dentro di me che incessantemente ricama il mio destino, il sentiero che percorrerò soltanto io. Dobbiamo sostare nelle piccole azioni quotidiane, prendere atto di ciò che proviamo al nostro interno - qualsiasi sensazione, anche sgradevole - cedere e lasciar fare all'azione. Solo in questo modo le gocce di consapevolezza che liberiamo, essendo totalmente lì imersi nel gesto, si poseranno su interessi, incontri, relazioni e lavori giusti per la nostra anima. A patto di non pensare, di non lamentarci dei disagi e di non voler progettare la vita: allora l'anima, estasiata, può finalmente sorridere. Grazie a tutti i lettori del blog che quotidianamente fanno visita! Fatemi sapere come va, se siete riusciti ad applicare qualche "tecnica" suggerita e se ciò ha apportato benefici nella vostra vita. Buona serata e a presto!

martedì 28 agosto 2007

Il dolore prepara nuova gioia

Cari amici, bentornati nella stanza dei fiori! Oggi vorrei raccontarvi dei dolori dell'anima e di come essi, se lasciati sedimentare nella nostra interiorità, producano nuova gioia di vivere e la realizzazione del proprio destino. La storia di una mia collega (che per privacy chiamerò Maria) è esemplare. Maria ha 31 anni ed è sposata da 6. Non ha figli. Quando faccio la sua conoscenza, vedo una ragazza inquieta ed alla ricerca di un "qualcosa" di indefinito che nemmeno lei riesce a tradurre in parole. Negli ultimi tempi, il matrimonio è tormentato e ciò si rispecchia nel comportamento della mia amica: ha paura di tutto, sembra spaventata dalla vita, ha paura delle malattie, va sempre dal medico... Mi racconta che di notte non dorme e che, per placare l'ansia, l'unica soluzione rimane quella di trascorrere le ore notturne in compagnia di sua zia, chiacchierando e bevendo tè. All'inizio di quest'anno, dilaniata dal dolore, si separa dal marito. Maria è affranta, ma sente che non c'è altra soluzione possibile. Preferisce rimanere da sola, piuttosto che portare avanti una cosa che lei sentiva essere svanita già da tempo. I primi mesi dopo il matrimonio sono molto bui: Maria perde peso, soffre, però dentro di lei inizia a nascere la convinzione di aver fatto ciò che si doveva fare. Lentamente, la ragazza accetta il dolore conseguente alla sua separazione ed accetta di viverlo puramente, senza fronzoli e senza rimuginamenti. Mentre sono in vacanza mi arriva una telefonata di un'altra mia amica che conosce Maria: "Ti devo raccontare una novità. Maria è incinta di tre mesi!" Al mio ritorno dalle vacanze, incontro Maria che mi racconta:"Vedi, la fine del mio matrimonio mi ha fatto diventare una donna nuova, più matura, più semplice. Prima ero solo una 'bambina sposata'. A marzo, due mesi dopo la separazione, ho incontrato S., un conoscente di vecchia data che non vedevo da tanto tempo. Abbiamo iniziato a frequentarci, ci siamo innamorati e di lì a pochissimo siamo andati a convivere ed ora aspettiamo un bambino. Quello che mi stupisce di più di tutto, è che con S. è avvenuto tutto facilmente, spontaneamente in un momento in cui non cercavo storie ma avevo imparato a stare bene con me stessa nonostante tutto." Chissà chi l'ha mandato il piccolino che nascerà? Forse è un regalo dell'anima, forse è stato proprio il dolore intenso che ha provato Maria a regalarle un nuovo amore ed un bambino? Non lo sapremo mai. Ma ciò che emerge da queste righe è chiaro: non è vero che il dolore dura per sempre. Se tu lo trattieni con i tuoi pensieri, con i rimuginamenti su ciò che è stato e con sforzi per definire il tuo futuro, non potrai fare altro che soffrire. E puoi stare anche peggio! Ma se, come ha fatto Maria, nei momenti di dolore impari a "galleggiare" dolcemente nel buio della tua anima, allora conosci il vuoto. Vuoto significa tabula rasa di intenzioni, di modelli di comportamenti, di pensieri e di progetti. Vuoto significa anche che non sai che cosa ti accadrà ma che tutto è possibile. Già, proprio come per i bambini, che credono che esista una magia sottile che realizza i loro desideri. Vuoi che anche per te sia così? La prima cosa da fare è questa: quando arriva il dolore, qualsiasi dolore, tu concentrati solo sul dolore e non sulla causa che l'ha scatenato. Fai bene attenzione in quale parte del tuo corpo si condensa e cerca di seguirlo con la mano. La seconda cosa: ad occhi chiusi, pensa di immergerti nel buio. Immagina di cadere giù, sempre più giù, immagina di essere inghiottito completamente dal buio che avvolge tutto il tuo corpo dall'esterno fino alle viscere. Tieni sempre presente il punto dove si concentra il dolore, immagina che sia una palla luminosa. Adesso immagina questo: la palla luminosa che prima rappresentava il dolore che provavi si scioglie lentamente nel mare di buio in cui tu sei immerso, la consistenza cambia. Da dura, la palla diventa morbida, poi sempre più malleabile finché non diventa liquida e scivola lentamente nel buio fino a scomparire. Quando senti che la palla di dolore si è completamente sciolta nel buio, immagina ora di galleggiare nell'oscurità, tranquillamente. Senti bene il vuoto che arriva e si sostituisce al dolore che provavi. Se riesci a sentire una sensazione di non-esistere, di vuoto, di non-sapere vuol dire che il tuo cervello è riuscito a disfarsi dei tuoi pensieri, che sono proprio i responsabili della permanenza del dolore. Allora vedrai, che se sosterai nel vuoto per qualche istante, riuscirai a percepire che il dolore che provavi si è notevolmente affievolito o è addirittura scomparso. Quando stai male e senti che i pensieri stanno prendendo il sopravvento, questo piccolo esercizio immaginativo, da solo, rimette le cose a posto ed è una ventata di ossigeno per il cervello, che solo con le immagini può operare al meglio. Ricorda: solo con le immagini, non con i pensieri. Il pensiero è stagnante, pesante. L'immagine è mutevole ed è in continua trasformazione: questo vuole il cervello per farti stare bene. Allora, solo allora, dal dolore può sgorgare la gioia spontaneamente, perché è nel dolore stesso che la gioia è contenuta. Se fai spazio al dolore, saprai che, automaticamente, fai spazio anche a nuova gioia già in essere. Le cose cambiano solo cedendo e lasciando fare all'oscurità della nostra anima che ci mette in cammino. Buona serata a tutti!

domenica 19 agosto 2007

Dai voce al tuo "personaggio misterioso"

Bentrovati a tutti nella stanza dei fiori! Questa sera l'atmosfera sembra quasi magica, incantata ed ispira numerose immagini che danzano all'interno. Tra le tante che affollano l'immaginario, ve ne è una di particolare importanza per tutti noi: è l'immagine del "personaggio misterioso". Ognuno di noi ne possiede uno, ma, per varie ragioni, non siamo abituati alla sua presenza e facciamo la sua conoscenza solo in rarissime occasioni di estrema lucidità che si presentano nella nostra vita. Invece, oggi vi parlerò un po' di questa presenza, affinché tutti noi possiamo conoscerne meglio aspetto e funzione ed accoglierla con fiducia nel nostro quotidiano. Che cos'è il "personaggio misterioso"? Si tratta di un'energia, una forza, o meglio di un istinto (qualcuno lo definirebbe meglio come "vocina") che viene dal profondo, dal "senza tempo". Come tutto ciò che non è definibile dalla mente razionale, il "personaggio misterioso" è un qualcosa di puramente inconscio, se vogliamo, che emerge, a volte anche con prepotenza, in momenti nei quali la nostra esistenza subisce cambiamenti di rotta (un nuovo lavoro, un cambio di casa, matrimonio/divorzio, morti, abbandoni, nascita di figli, innamoramenti etc.). Siccome fa parte dell'immaginario di ognuno di noi, ciascuno può dare al suo "personaggio misterioso" il volto che preferisce: un folletto, un fanciullo, un vecchio saggio... Questa energia è quella parte di noi che non conosciamo, ma che a volte ci fa agire lasciandoci stupiti di noi stessi. Vi è mai capitato di dirvi: "Quando ho fatto quella determinata cosa mi sembrava di non essere più io" oppure: "Caspita! Non avrei mai pensato di essere in grado di dire quelle cose, invece che sorpresa!". Il "personaggio misterioso" agisce nell'oscurità nella nostra anima, eppure talvolta agisce molto meglio dei mille rimuginamenti che facciamo per deciderci a fare qualcosa. E ciò che è peculiare di questa forza interna, è il fatto che essa agisce d'istinto, senza pensieri e senza giudizi. L'azione è ottimale e diretta al bersaglio in un batter d'occhio. Molto meglio dei "ma", "forse", "se" che abitano le nostre frasi che diciamo tutti i giorni. In che modo il personaggio nascosto può contribuire alla nostra serenità ed a un'esistenza più viva? Innanzi tutto, la prima cosa che dobbiamo imparare è quella di far spazio al "personaggio misterioso" almeno una volta al giorno nella giornata. Non occorre granché: ovunque ci troviamo possiamo provare ad interpellarlo proprio mentre compiamo le azioni di tutti i giorni. E' molto semplice, potete provare a fare questo esercizio e poi osservare che cosa cambia nel tempo: come accennato prima, date un volto al vostro personaggio, quello che preferite, oppure se non riuscite ad immaginare i tratti che lo caratterizzano, potete anche utilizzare un nome che vi piace tanto o con cui vi piacerebbe essere chiamati. Adesso provate a fare questo: ogni giorno interpellate il vostro personaggio in situazioni diverse della giornata, per esempio quando siete al lavoro, quando state mangiando, quando siete in compagnia di persone che vi piacciono o che non vi piacciono, quando siete in famiglia, quando state facendo cose per voi. Osservando la vostra azione, provate ad immaginare l'espressione del vostro "personaggio misterioso": approva, non approva, sta bene, sta male, è dubbioso etc. Nel caso abbiate dato un nome al vostro signore misterioso, provate ad immaginare come fareste le cose che state facendo con un nome diverso. Per esempio: Giovanna sta parlando con il suo partner. Come parlerebbe "Elena" (il personaggio nascosto) con il suo partner, che cosa gli direbbe ed in che modo? Esercitatevi per un po' e poi state a guardare che cosa cambia dentro di voi e poi intorno a voi. Non occorre prendere decisione alcuna in seguito all'osservazione del personaggio misterioso, non occorre neppure cambiare i parametri della vostra vita. L'esercizio che vi ho proposto prima è un metodo facile ma efficace per "allargare" la visione, permettendoci di essere più aperti alle novità ed alle nuove soluzioni. Lo scopo unico è quello di evitare di cadere nella banalità e nella unilateralità dei nostri soliti percorsi, permettendoci magari di scoprire lati di noi stessi ancora inesplorati ma molto interessanti. Una volta una signora che conoscevo da un po' mi ha raccontato che faceva l'esercizio del "personaggio misterioso" quasi tutti i giorni e che piano piano si è scoperta essere più risoluta nel prendere decisioni che, per quanto insignificanti, rendevano i suoi rapporti con gli altri molto faticosi e stagnanti: "Una volta ero un'indecisa cronica anche su quali piatti scegliere dal menu al ristorante! Questa cosa indispettiva enormemente mio marito. Poi, lentamente, cercando di immaginare cosa volesse il mio 'personaggio misterioso', mi sono scoperta molto più decisa nelle cose. Questo si è poi espanso dai menu anche al rapporto con le mie amiche che ora mi apprezzano di più e mi cercano più spesso per uscire." Il personaggio misterioso non è, quindi, la soluzione ai nostri problemi, ma un aiuto dell'anima per essere più flessibili nella vita. Il che ci rende sicuramente più rispettabili anche agli occhi degli altri e ci ripara da rapporti vischiosi nutriti da fastidiose rinunce per il "bene" dell'altro e da inutili e dannosi sensi di colpa. Aspetto vostre notizie! Postate nei "commenti" alcune vostre esperienze fatte con il "personaggio misterioso"!

domenica 12 agosto 2007

Cercare il silenzio

Bentornati a tutti nella stanza dei fiori! Il clima rilassato delle vacanze invita ad alcune riflessioni utili per la nostra interiorità. A chi mi chiede come fare per trovare un po' di serenità lontano dal caos cittadino, io suggerisco di cercare il silenzio. Il silenzio, l'assenza di parole o, se è possibile, di rumori forti, è davvero rigenerante per l'anima: immaginate di levare delle erbacce secche da un terreno ormai arido. Il silenzio funge da nuova semina per il campo privato dei suoi detriti. Cosi', da nuovi semi incontaminati potranno nascere nuove fioriture e nuovi frutti. Ogni tanto, quando vi trovate in un posto tranquillo, provate a fare questa esperienza: ritagliatevi almeno un quarto d'ora per voi stessi, chiudete gli occhi e mettetevi comodi. Se la mente è affollata di pensieri, lasciatela libera, non scacciate nessun pensiero positivo o negativo che sia. Poi immaginate che i pensieri e le immagini che abitano la mente si dissolvano lentamente nel buio dei vostri occhi chiusi. Lasciate andare ogni cosa e, se c'è un problema apparentemente irrisolvibile, consegnatelo al buio ed al silenzio. Provate a dire: "Adesso sono qui, completamente abbandonato a me stesso, alle mie paure, alle mie ansie, ai miei problemi cui non vedo uscita. Bene, io sono qui per guardarli, non li voglio risolvere, non voglio intervenire. Io consegno i miei pensieri e i miei problemi al buio, al silenzio." Facendo cosi', liberiamo il campo dai nostri soliti condizionamenti e dal nostro solito modo unilaterale di vedere le cose. Solo nel silenzio possiamo veramente trasmutare e solo se impariamo a ricercare quotidianamente il buio, lasciando fare a lui, vedremo reali cambiamenti nella vita. Perchè il silenzio è la più potente forza trasmutatrice che possediamo e se ci affidiamo a lui, guarderemo le cose in maniera più "larga": ci accorgeremo presto che alcuni problemi che consideravamo insormontabili, diventeranno visibili da più punti permettendoci di trovare soluzioni cui mai avremmo pensato prima. Le cose si mettono a posto da sole quanto più facciamo spazio al buio: lui è la nostra guida, a lui dobbiamo affidarci quando siamo tormentati, perchè lui condurrà ciascuno sul percorso che gli spetta. Buone vacanze a tutti!

domenica 29 luglio 2007

La perla preziosa

Cari amici, bentornati nella stanza dei fiori! Accomodatevi, prendete la vostra tazza di tè. Oggi vi racconterò una favola che i Taosti adorano, antica come quanto forse è antico il mondo, che viene dagli albori. Essa recita così: "C'era una volta un Imperatore che era ricchissimo, uno dei più ricchi mai conosciuti in precedenza. Aveva beni e possedimenti di una quantità e di una bellezza sconfinate. Un giorno l'Imperatore, camminando, si accorse che aveva perso una sua perla preziosa che teneva sempre in tasca. All'inizio, non diede molta importanza a questo fatto, ma, con il passare dei giorni, si accorse che la perdita di quel gioiello l'aveva turbato: 'Ma come? Posso avere tutto ciò che voglio, posseggo un'infinità di ricchezze, ma come mai la perdita di quella perla, a cui non davo nemmeno tanto valore, mi rende così strano?'" A volte, cari amici, proviamo quasi come un fastidio, un'irrequietezza.....chissà da dove viene? Sì, è vero, abbiamo un lavoro redditizio, i figli sono grandi ormai, abbiamo una bella casa, abbiamo anche la casa al mare....ma da dove viene questo fastidio? Presi come siamo dalle innumerevoli ed inutili cose della vita, non ci facciamo quasi mai caso. "Ebbene, anche per l'Imperatore era così. Egli si sentiva strano. Quella perla, quella perla... All'improvviso sente che lui non è niente senza quella perla preziosa, che la sua ricchezza non può nulla se non trova il suo gioiello. E allora, l'Imperatore si mette in cammino: deve assolutamente ritrovare la sua perla. Cammina, cammina, egli si rivolge al Palazzo della Volontà: 'Sì, con la volontà ce la farò a recuperare la mia perla. La volontà mi può aiutare!' Egli bussa a lungo al Palazzo della Volontà e quando il custode viene ad aprire, l'Imperatore chiede del suo gioiello. Ma il Palazzo della Volontà non ha la soluzione, non può aiutarlo a trovare la sua perla. Sconsolato, l'Imperatore si rimette in cammino e giunge al Palazzo della Ragione: 'Ah, la ragione! La ragione sì che mi troverà la perla!'. Bussa, bussa, ma invano. Non è con la Ragione che riuscirà a trovare ciò che cerca. 'Ma come, non si dice che con la ragione si risolvono i problemi?' No, non è così. Ad un certo punto l'Imperatore inizia a provare la disperazione: che cosa deve fare per recuperare la sua perla? Egli si rimette in viaggio. Cammina a lungo ed infine giunge al Palazzo del Potere Assoluto, un qualcosa simile alla Forza che governa i mondi. L'Imperatore spera di riuscire nel suo intento, spera che il Potere Assoluto lo possa aiutare a trovare la piccola perla. Ma il custode del Palazzo ha l'occhio del diniego. Non è in questo palazzo che si trova la perla. Disperato, l'Imperatore non sa più che cosa fare ed a chi rivolgersi. Immerso nel suo dolore per la perdita della perla di cui aveva finalmente compreso l'importanza, cammina, cammina a perdifiato. Non sa più dove andare, non sa più dove si trova, è completamente perso. Dopo un lunghissimo peregrinare, l'Imperatore scorge, nel fondo di un bosco, uno strano palazzo. Questo posto è silenzioso, ha tutte le finestre chiuse ed è buio. E' il Palazzo del Nulla. Esausto dal lungo camminare, l'Imperatore bussa all'ingresso. Dopo aver atteso non si sa più quanto, il portiere apre i battenti e vede l'Imperatore disperato. 'Buongiorno, Imperatore. Questo è il Palazzo del Nulla, Signore'. Tutto è calmo, nessuno parla. L'Imperatore è invitato ad entrare. Non appena varca la soglia del Palazzo del Nulla, scorge all'interno, in una sfera di cristallo, la perla che cercava. 'Vede, Signore,' dice il custode del palazzo, ' questo posto non è paragonabile allo sfarzo del suo castello, ma le ha permesso di ricongiungersi con il suo bene più prezioso, la perla. A volte è necessario perdersi e dimenticarsi di sè per giungere al Nulla. Solo il Nulla poteva rivelarle la risposta che cercava.' Dal giorno del ritrovamento della sua perla preziosa, l'Imperatore rese omaggio tutti i giorni al Palazzo del Nulla, recandosi sul posto e contemplandolo, silenziosamente."

domenica 15 luglio 2007

Che cosa strana il piacere...

"Che cosa strana sembra essere questa che dagli uomini viene chiamata piacere; e come sorprendentemente essa, per sua natura, si trova con quello che sembra il suo contrario: il dolore. Ed essi tutti e due insieme non vogliono coesistere nell'uomo, ma se poi qualcuno insegue l'uno di questi e l'afferra, egli, in un certo modo, è obbligato a prendere anche l'altro, come se fossero attaccati a un sol apice, pur essendo due." (Platone) La citazione di Platone ci introduce nel misterioso mondo dei contrari e nei tormenti dell'anima. Noi siamo perlopiù unilaterali: siamo abituati a vederci in un' unica maniera, ci comportiamo quasi sempre allo stesso modo e facciamo di tutto per mantenere quella "rettitudine" che ci contraddistingue e grazie alla quale gli altri possono apprezzarci. In realtà, noi siamo un' infinità di mondi, la nostra interiorità è ben più ampia e più profonda rispetto a come la percepiamo. Crediamo che ci siano emozioni "positive" ed emozioni "negative". Crediamo che alcune sensazioni non debbano esistere nel nostro spazio interno. Noi vogliamo cambiare, non ci andiamo mai bene. Ma cambiare per andare dove, per essere chi? A questo proposito mi ritorna in mente la storia di una donna, conosciuta tempo fa, che si ricollega perfettamente alla citazione di Platone con cui ho aperto oggi. Questa donna (che per privacy chiamerò Elisa) ha all'incirca 40 anni, è sposata da 15 anni, ha una bella famiglia, due figli, una bella casa, una professione redditizia. La sua vita scorre su binari tranquilli, fino a quando iniza a stare male: soffre di ansia senza motivo apparente, si sente agitata, non dorme più la notte. Per la sua famiglia e per il marito tutto ciò è molto singolare: come, Elisa, donna forte, manager, che ha sempre tenuto le redini del ménage familiare, come può stare male? Per tutti, Elisa è impazzita. Un giorno, in vacanza in Spagna, Elisa conosce Miguel, un ragazzo di 20 anni, abitante del luogo: la donna si sente improvvisamente come svanire, viene travolta da una passione che non conosceva ormai da anni, arenatasi com'era nelle abitudini. Durante la vacanza Elisa vive una storia appassionata con il ragazzo, anch'egli attratto da questa donna bella e carismatica. Entrambi sono guidati da Eros, che li fa veleggiare in un mare di piacere così grande, al punto da portarli in un'altra dimensione. Elisa, durante il suo soggiorno in Spagna, si percepisce diversa: mai avrebbe pensato che dentro di lei ci fosse una passione così forte da scuoterla alle fondamenta. Una volta tornata a casa, la donna non si dà pace. Da questo momento in poi, la vita di Elisa sarà come avvolta in un uragano di dolore e di piacere che si alternano a velocità sempre più sostenuta. Elisa soffre, sta male, fa di tutto per rivedere Miguel, inventa bugie. Piano piano arriva delineandosi una seconda vita per lei, parallela a quella familiare. Una seconda vita costellata da viaggi di brevissima durata in Spagna (a volte anche di un solo giorno) per inseguire la passione, il piacere che bruciano dentro di lei. Elisa ha pace solo tra le braccia di Miguel, parla di "evasione", di "paradiso" e, per la prima volta in vita sua si dice: "Non importa dove tutta questa sofferenza mi dovrà portare, ma io sento che devo vivere, devo andare, ho bisogno di emozioni!" Allo stesso tempo, quando è con la sua famiglia, si sente tremendamente in colpa per ciò che sta facendo, per il tradimento che si consuma alla completa insaputa del marito, che non sospetta nulla. Diventa, a questo punto, interessante osservare come, quando insegue il piacere, l'eros, Elisa non ha inibizioni, prende l'aereo e va e si crea una realtà completamente opposta a quella che aveva vissuto fino a poco tempo prima. Quando gode, Elisa sta bene, ma contemporaneamente, quando è in compagnia del marito, Elisa si sente sprofondare in un mare di tristezza e di ansia. Insomma, inferno e paradiso convivono dentro Elisa. Da un lato, una parte di lei non ce la fa a lasciare tutto e andare via, la riempie di sensi di colpa e cerca di rimettere le cose a posto. Dall'altro lato, c'è la parte oscura di Elisa, quella che vive nell'ebbrezza del piacere e dell'oblìo, che la trascina verso nuovi modi d'essere, incurante dell'idea di famiglia che la donna si era fatta. La parte oscura voleva far tornare a vivere una donna che aveva quasi del tutto soffocato la sua femminilità e la sua sensualità per il bene del marito e per il dovere familiare. Qualcosa, che le piacesse o no, voleva a tutti i costi farle attraversare mari di piacere e di sofferenza, affinché Elisa diventasse una donna nuova e potesse, così, trasmutare veramente. Partendo da questo assunto, possiamo comprendere il senso profondo della citazione platoniana: chi sceglie il piacere, inevitabilmente sceglie di conoscere anche il dolore, a volte nelle sue forme più estreme. Così ha fatto Elisa. Guidata da Eros, una forza mille volte più potente e più grande di lei, ha conosciuto la disperazione ed il travaglio dell'anima, i quali, trasportandola nel piacere, hanno partorito una donna che ha potuto conoscere la sua femminilità come se fosse la prima volta. Il messaggio profondo che Platone vuole comunicarci è questo: che gioia e dolore coesistono nell'interiorità di ognuno di noi. Guai a volerli separare, perché entrambe sono forze sconosciute, opposte e complementari allo stesso tempo. Chi veleggia verso il piacere e l'estasi dell'anima è tenuto a passare anche per le tempeste della sofferenza e del senso di annientamento, che radono al suolo tutti i condizionamenti che si sono incrostati sul nostro cammino. Solo chi conosce il piacere ed il dolore può veramente trasmutare, solo chi si dimentica di se stesso, chi si dimentica della propria storia, chi tende a disidentificarsi, come ha fatto Elisa, rinasce a vita nuova. Guai a voler spiegare il dolore, guai a voler scacciare gli uragani della nostra natura: se lasciamo fare all'oscuro che ci abita, se ci lasciamo condurre negli abissi dell'anima, allora come dopo un forte temporale estivo, vedremo il cielo rischiararsi ed il sole tornare accompagnato dall'arcobleno. Chi è all'inseguimento del piacere ha un'unica regola da imparare bene: cedere e lasciarsi portare. Solo se non incanaliamo il piacere dentro una griglia di obiettivi e di falsi ideali, solo allora potremo accedere ad una conoscenza più profonda della nostra interiorità e vedere davvero cambiamenti significativi nella vita. Com'è finita con Elisa? Le cose con il marito e con la famiglia si sono messe a posto da sole solo quando Elisa, stremata dai pensieri e dall'ansia che la assaliva tutte le notti, si è arresa e si è affidata. Dicendosi "Se dev'essere così, che sia. Se devo rischiare tutto per una passione clandestina, che sia così, io sono pronta", via via cedeva sempre di più ai momenti di estasi con Miguel ed ai momenti di tristezza. La relazione con il giovane Miguel è sfumata lentamente con il passare dei mesi fino a scomparire dolcemente, ma Elisa adesso è una donna nuova. Sa di che cosa è capace la sua anima, sa quale donna la abita. Il suo matrimonio si è riscoperto lentamente e lei ed il marito hanno raggiunto nuovi livelli di intimità e nuovi modi di stare insieme. La famiglia intera ne ha giovato, mentre Elisa ha imparato, giorno dopo giorno, ad osservare dentro di se ascoltando la sua "donna interiore". E' così, cari amici. Solo chi accoglie dentro di sè gli opposti, solo chi fa spazio a stati d'animo constrastanti e compresenti può realmente rifiorire.

martedì 10 luglio 2007

Accogli le immagini e realizzi ciò che sei

Capita che, in alcuni momenti della nostra vita, affiorano alla nostra coscienza desideri di vario tipo. Molto spesso, e soprattutto nei momenti costellati da difficoltà, emerge una gran voglia di cambiamento, di novità, insomma di evasione da ciò che ci fa soffrire. "Voglio cambiare casa", "Voglio lasciare il mio compagno/la mia compagna", "Il lavoro non mi soddisfa più, vorrei cambiare", se ne sentono tante di frasi che anelano alla rottura col passato. Ma se ne sentono altrettante, che lamentano più o meno così: "Non ho il coraggio per lasciare mio marito, e poi ci sono i bambini, e poi gli altri che cosa diranno...", "Se cambio lavoro significa cambiare abitudini, colleghi. Sono da anni che lavoro in questa azienda...se poi va male? Ma se...", "vorrei tanto andare a vivere con la mia ragazza, ma non sono sicuro.....perderò i miei spazi, i miei amici, insomma, le donne rompono!". Questa è solo una piccola parte dell'inutile chiacchiericcio mentale dei pensieri. Salvo poi non fare niente e finire preda dei rimorsi e dei rimpianti dei "se avessi detto, se avessi fatto, adesso sarei, farei, andrei...". Per non parlare poi dell'arrendevolezza passiva: "Ormai alla mia età!", "Cambiare? Non l'ho fatto allora, non lo farò mai più. Ormai mi sono abituato...è da tanti anni che va così. ", "No, io sono abitudinario, i cambiamenti stravolgono tutte le mie certezze...Mai lasciare il certo per l'incerto!". Poi cammini per strada e vedi musi lunghi, volti ingrigiti dal torpore delle abitudini che resistono da anni, occhi spenti, in disperata ricerca d'aiuto o di qualcuno cui raccontare i grattacapi. Oppure vedi "personaggi" impettiti nelle loro giacche dirigersi a passo svelto in ufficio, ma con volti altrettando inespressivi quanto lo è la loro esistenza, che magari da tempo non accarezza l'ebbrezza di un qualcosa di diverso, di un interesse sepolto da tempo e vinto dalle mire carrieristiche. Che cosa sono i desideri? Quella strana voglia che ci assale e che ci spinge a mollare tutto per un giorno e a rifugiarci in un parco, oppure quella tristezza immotivata che ci fa sentire insoddisfatti ed apatici nei confronti di tutto e di tutti? Quella voglia di cambiare, di scappare... I desideri sono la voce dell'anima, che ci manda delle immagini molto significative. Tocca a noi scendere in campo e saper guardare pazientemente ciò che la nostra essenza ha da dirci. Prendiamo ad esempio il desiderio di cambiare lavoro. L'anima ci manda il desiderio, ma dobbiamo imparare a non prenderlo alla lettera. Non si tratta di cambiare vita, marito, città tout-court: quello che è necessario apprendere molto bene è sapere che "qualcosa" al nostro interno ha un progetto per noi e che questo progetto si presenta sotto forma del desiderio "voglio cambiare lavoro". Qualcosa non ci vuole lì a fare le stesse cose che facciamo da anni, la nostra anima detesta le persone unilaterali e spente. La via giusta che ci porterà a tempo debito al nostro reale cambiamento è quella dell'osservazione: io, adesso, devo prendere atto che la mia essenza si sta facendo sentire. Qualcosa non le va più bene e, per esprimersi, mi manda il desiderio. Quale è il desiderio? Voglio cambiare lavoro. OK, ne prendo atto. Prendo atto che c'è un personaggio misterioso al mio interno che non è interessato al fatto se la mia vita mi va bene o no. Lui vuole che io impari a sviluppare l'attenzione, vuole che io impari a guardare le sensazioni e gli stati d'animo che mi manda. Al resto pensa lui. Non ne vuole sapere dei rimuginamenti, delle opinioni e dei giudizi che provengono dalla mente. Quindi, se voglio davvero compiere un capolavoro, la prima cosa che devo fare è accogliere al mio interno le immagini che mi manda il mio personaggio misterioso. Mi manda l'immagine di un me che non farebbe più il lavoro che fa da anni? Bene, io accolgo questa immagine e poi aspetto. Non lo so se effettivamente cambierò lavoro o no, ma devo restare in ascolto della mia interiorità, che non vuole che io sia sempre lo stesso di un tempo. La mia anima vuole altro per me e io devo stare in ascolto. Altro non mi spetta. Sia quel che sia, io sono qui in ascolto. Questo non vuol dire che devo smettere di lavorare e rimanere a casa, anzi le mie azioni rimangono le stesse, farò le stesse cose che ho fatto anche prima. Ma la cosa che cambia è che, se imparo a guardare bene, sicuramente non sono quello di prima, bensì sono più consapevole e capace di rivolgere l'attenzione anche al mio interno, invece di appoggiarmi alle futili esteriorità. Imparerò a capire che posso avere altre inclinazioni, altre passioni (che magari non riguardano il mio lavoro), posso scoprire nuovi interessi che mai avrei pensato potessero nascere in me. Dobbiamo prendere atto che le cose sono ben più ampie rispetto a come le percepiamo. Che un desiderio venuto all'improvviso dal nulla, può essere un messaggio dell'anima che mi dice: "Guarda che non ti stai occupando di te! Guarda che hai lasciato a casa un tuo talento, solo tuo!". Così, attraverso il desiderio di cambiamento, attraverso l'insoddisfazione, l'incertezza, l'anima stimola ognuno di noi ad utilizzare gli occhi "bene". Utilizzare gli occhi significa guardare con attenzione le immagini che danzano al nostro interno e far loro posto. Ogni volta che l'anima vuol parlare con noi, qualsiasi cosa ci voglia indicare, dobbiamo prestare la massima attenzione, non intervenire con i soliti ragionamenti, fare piazza pulita dei progetti e delle strategie ed aspettare che i frutti siano maturi per noi. I frutti ce li manda proprio quel personaggio misterioso, la nostra interiorità, che provvede a noi e che ci conduce là dove dobbiamo andare. A patto di lasciarla agire in tranquillità e di non stancarla con i pensieri. La nostra osservazione ed il nostro silenzio sono la sua energia, i pensieri sono la sua morte. Se vogliamo stare davvero bene e realizzare i desideri, sappiamo cosa fare. "Non occorre che tu agisca intenzionalmente, non occorre neppure che ti alzi dalla sedia. Guarda, estasiata la vita si torcerà innanzi a te." (Friedrich Nietsche)

domenica 17 giugno 2007

Sostare nelle azioni

Bentornati a tutti nella stanza dei fiori! Gli incensi di patchouli bruciati nell'aria vi invitano a fare ingresso e ad accomodarvi sui cuscini. Prendete la vostra tazza di tè...ma oggi prendetela "diversamente" dal solito. Già, proprio da qui voglio partire oggi. Voglio iniziare da una tazza di té, da una semplice tazza di té, da una normale tazza di té. Lo so, lo intuisco dai vostri sguardi curiosi ed allo stesso tempo disorientati: perché parlare di una tazza di té? Che cosa avrà mai di così speciale, di così affascinante, di così rivoluzionario per farne un argomento di conversazione? Infatti, non vi parlerò della tazza di té in sé, ma dell'azione che ne è collegata e del modo in cui si beve una tazza di té. Sì, perché l'essenza del benessere, della serenità e della pace interiore è racchiusa tutta nell'azione, o meglio, nella totale presenza alle azioni che compiamo. Fateci caso: noi non siamo mai presenti, attenti a ciò che facciamo. Molto spesso i nostri gesti durante la giornata sono un ponte per arrivare a qualcosa, per raggiungere un obiettivo o per orientare le cose secondo il nostro volere. Noi non ci fermiamo mai a "guardare" le nostre azioni, non ci osserviamo mai quando facciamo qualcosa. Invece, se solo facessimo attenzione, scopriremmo che sostare ogni tanto in ciò che si compie è la sola vera ed unica meditazione. Invece che cosa facciamo? Beviamo il caffé, ma non siamo mai veramente lì mentre lo beviamo, no, noi beviamo il caffé ed intanto pensiamo a cosa devo fare tra un'ora, dove devo andare, dove devo scappare...Insomma, non siamo mai veramente lì. Non sostiamo mai a "sentire" il caffè: l'odore, il sapore, il profumo, il calore. E ci perdiamo l'essenza, la sola cosa che conta nella vita: essere presenti, essere qui. Le azioni come bere il caffé, il té, vestirsi, truccarsi, lavarsi, lavare i piatti, leggere, mangiare, camminare, tutte queste sono le cosiddette "azioni minime". Che cosa sono le "azioni minime"? Sono l'insieme delle cose che facciamo senza quasi pensarci, a cui in genere non diamo importanza. Insomma, sono tutte quelle cose che consideriamo banali, ma che, in realtà, non lo sono assolutamente. Noi crediamo che siano banali, perché sono cose che ci devono condurre alla realizzazione dei nostri interessi o dei nostri progetti. Jan Vermeer, famoso pittore olandese degli inizi del '600, e celebre anche grazie al film "La ragazza dall'orecchino di perla", illustra nei suoi dipinti le "azioni minime": una donna che versa il latte, una che ricama, una che scrive una lettera e le illumina di una luce particolare. Lui illumina non chi compie l'azione, le donne, bensì l'azione in sé. Come se l'azione potesse sprigionare una luce che dona consapevolezza e presenza mentale. L'artista, con i suoi quadri innovativi per l'epoca in cui viveva, in realtà ha capito tutto: e cioè che non è importante dove devi arrivare e che cosa devi fare, bensì è fondamentale che tu sia totalmente presente a ciò che fai, assorto, immerso nell'azione. Ti accorgerai che se fai così anche solo per qualche secondo durante la giornata, le cose acquistano un sapore diverso ed il cervello, abituandosi a sostare nel presente delle tue azioni, può lavorare meglio e si libera dei detriti dei pensieri e degli scopi con cui lo riempiamo quotidianamente. Allora anche bere una semplice tazza di té acquisisce una sacralità nel gesto, perché se sei lì, se sei totalmente lì, presente quando bevi, il tuo gesto automaticamente richiama in campo l'energia del presente. E questa è un'energia potentissima, perché dona maggior consapevolezza e maggiore sensibilità a tutti coloro che imparano a fermarsi nei loro gesti "banali". A chi fa così, la luce della consapevolezza regala non le soluzioni ai nostri grattacapi giornalieri, ma una vita più colorata, più autentica e pronta a cogliere i segnali che fa percorrere ad ognuno il sentiero più consono alla sua vera natura.

venerdì 18 maggio 2007

Parliamo ancora d'amore...

Bentornati nella stanza dei fiori! Bene, ora rilassatevi, prendete la vostra tazza di té ed accomodatevi sui cuscini. La primavera è sbocciata e tutto esplode di colori e di profumi...ogni tanto, quando camminate, provate a fare attenzione agli alberi ed a tutto ciò che riguarda questa stagione. Anche mentre state andando al lavoro, anche se siete di fretta, cercate ogni tanto di osservare ciò che vi sta intorno. Non serve tanto, basta qualche secondo della vostra giornata. Oggi vi parlerò ancora dell'amore, o meglio, dell'Eros. Eros è pura energia: non la si può ingabbiare in una definizione, ed è incontrollabile, puramente istintiva. Eros è gioco, seduzione, attimi di sguardi, movenze appena accentuate, parole "non dette". Non ha niente a che vedere con il mondo stagnante dei pensieri e dei ragionamenti. Noi dobbiamo stare bene attenti quando ci chiama la voce di Eros: quasi sempre ci viene a trovare quando la nostra vita ha perso quel sapore di spensieratezza, oppure quando ci siamo impantanati nelle abitudini, oppure ancora quando vivamo una relazione amorosa spenta ed arida e che sopravvive solo per mero attaccamento all'altro. Non viene mai "per caso", ma viene per portare nuovi messaggi alla nostra interiorità. Noi crediamo di essere sempre uguali, immutabili. In realtà, le nostre cellule nascono e muoiono incessantemente, il sangue stesso si rinnova. Allora Eros è quell'onda purificatrice che spazza via tutte le idee che ci siamo fatti, e soprattutto le idee che abbiamo costruito su noi stessi e sulla nostra vita. Che cosa fare quando Eros ci chiama? Che cosa fare quando ci sentiamo improvvisamente attratti da una persona, che il giorno prima magari nemmeno consideravamo? Che cosa fare quando ci scopriamo più aperti alle novità e più disponibili a cogliere il nuovo? Eros più di tutto vuole solo una cosa da noi: che cediamo. Sì, vuole che noi per una volta non dirigiamo la nostra vita, che non ci diciamo dove andare, ma che sempliemente, estasiati dalla sua forza, ci limitiamo ad osservare ciò che capita dentro e fuori di noi. Perchè le cose cambiano davvero quanto meno abbiamo opinioni su noi stessi, quanto meno controlliamo gli eventi e quanto meno cerchiamo di interpretarli. Altra cosa importante è fare silenzio, silenzio di pensieri e silenzio di strategie: non parlarne con gli altri, nemmeno con gli amici più intimi. Quando Eros viene a bussare alla nostra porta, conduce con sé un cambiamento radicale ed è importante che ci prepariamo ad accoglierlo senza i nostri soliti ragionamenti che più o meno sono sempre gli stessi e che ci portano, inevitabilmente, a "svelare" il mistero, il segreto che questa forza trasmutatrice porta con sè. E' importante, invece, cercare di custodire il messaggio misterioso che Eros ci porta, custodirlo gelosamente dentro di noi: solo così, nel buio e nel silenzio, Eros potrà svolgere al meglio la sua funzione, quella di portare la nostra anima alla sua fioritura che condurrà ognuno di noi sulla strada più giusta e più adatta all'interiorità.

domenica 13 maggio 2007

"E' regredendo che la Via procede: mai non fa forza: questa è la sua forza..."

Lao Tze la sapeva lunga: questa citazione è l'essenza dell'insegnamento taoista, che egli come nessuno rende semplice in una frase soltanto. Se solo noi ci rendessimo conto di quanta fatica facciamo tutti i giorni, di quanto sforzo immettiamo nelle azioni quotidiane e di quanta insoddisfazione carichiamo le nostre vite, allora saremmo già a metà dell'opera. Oggi vorrei parlare con voi dell'amore, o meglio, delle relazioni amorose e ricollegare il tutto a Lao Tze. L'amore, quello vero, è assenza di sforzo, è assenza di obiettivi, è assenza di rimuginamenti e soprattutto di strategie. L'amore vero, Eros, semplicemente "è". Quando dall'innamoramento la relazione prende quota, di solito facciamo un gran "casino": vogliamo dirigere, controllare, porre l'altro sui binari del nostro modo di vedere il rapporto, senza guardare con attenzione l'altro, senza coglierne le sfumature e l'unicità. Ecco perché i matrimoni, le convivenze, le storie "datate" non durano, oppure magari stanno in piedi, ma sono morte, sepolte già da tempo, arenate nelle abitudini. Facciamo tanta fatica per ottenere qualcosa e la vita sembra prenderci in giro! Sembra dirci: "Toh, guarda! Ti sei talmente accanito per mantenere tutto ciò che volevi tu, che adesso ti sei completamente perso. Hai imprigionato te ed il tuo compagno, la tua compagna in un percorso vizioso e adesso stai male!" Eros, l'essenza dell'amore, non ci sta ad essere imprigionata nei nostri sforzi, nelle nostre fatiche ercoline per mantenere la vita "tranquilla". E poi, che cosa vuol dire "tranquilla"? Tranquilla, ma senza passione? Tranquilla, ma senza scoperte, senza nulla di nuovo? Tranquilla, ma schematizzata? Tranquilla ma spenta, la domenica a pranzo dai suoceri, in vacanza nello stesso posto ogni anno, sempre lo stesso ristornate, le stesse abitudini? Se sei così sei già morto, finito. E se vuoi cambiare, se vuoi trovare soluzioni ai problemi che tu stesso hai creato, se ci pensi e ci ripensi in continuazione, se ti giudichi, se giudichi l'altro, fai il peggio che si potrebbe fare: rimanere ancorato al passato. No, così non ce la potremo fare mai. Facciamo bene attenzione: quando, in una relazione di coppia, nasce un problema, quasi sempre scaturisce da un pensiero, da un'aspettativa, da un percorso che ci siamo messi in testa (o che ci hanno messo in testa), ma che in realtà non esiste. L'amore viene messo in crisi dai nostri stessi pensieri, che altro non sono se non pure illusioni. Ci facciamo un'idea, ci creiamo un ideale e su quello ricamiamo, lo gonfiamo di particolari, così che poi si insinua lentamente nel rapporto minandolo alle fondamenta in alcuni casi. Un esempio frequentissimo è rappresentato da coloro che hanno avuto un'infanzia travagliata o che hanno avuto difficoltà di comunicazione con la famiglia d'origine. Affamati di affetto e di attenzioni, appena intessono una relazione amorosa quasi sempre rivestono l'altro delle loro aspettative, e cioè richiedono molte attenzioni, continue conferme ed una grande energia da parte del compagno. Se vedono che il convivente stenta ad assecondarne i desideri, trovano altri modi per attirare l'attenzione, oppure diventano oppressivi nel rapporto, privando l'altro della sua libertà e della sua individualità. Se queste persone, nel tempo, non arrivano a sviluppare una consapevolezza necessaria alla loro maturazione, la storia è destinata a concludersi, prima o poi. E' già stata contaminata da aspettative, giudizi, lamentele con conseguente disagio da entrambi i componenti della coppia. Coloro che si rispecchiano in questo esempio, vivono di un ideale: quello del principe azzurro che li salva dai loro disagi e che si prende cura di loro. Pura illusione: questo non è amore! E allora, direte voi, qual'è l'amore giusto? Eros è giocoso, libero e più di tutto detesta le regole ed i condizionamenti. Non c'è l'amore "giusto": in un rapporto di coppia la citazione forse più esatta che Lao Tze ci suggerirebbe, potrebbe essere questa: "Non volere che le cose vadano come tu desideri, ma desidera che le cose vadano come devono andare...". Quando c'è un problema o un pensiero che non vorresti avere, non cercare di risolverlo, guardalo. Quando le cose non vanno come volevi tu, non pensarci su, ma guarda ciò che accade. Guarda e non dire niente, togliti di mezzo, non dare spiegazioni! E poi, se vuoi fare davvero un capolavoro, cedi e deponi le armi dei tuoi innumerevoli sforzi, soprattutto gli sforzi che fai per volere il tuo compagno o la tua compagna come te lo sei messo in testa tu. Per ultimo, una volta che cedi davvero, fai morire lentamente tutti i tuoi obiettivi, tutti i tuoi ideali, insomma fai tramontare il personaggio che reciti tutti i giorni. Poi stai a guardare che cosa accade, non smettere mai di guardare.....Guarda e basta.

domenica 6 maggio 2007

Un luogo dove fermarsi

La "stanza dei fiori" è come una piccola pausa da regalarsi durante la giornata, oppure la sera, al termine delle faccende quotidiane. E' un luogo dove ognuno può accedere tutte le volte in cui ne avverte il bisogno. Appena varcata la soglia di questo posto, vedrete tanti tipi di fiori, candele accese, incensi che bruciano e stoffe pregiate. Ci si ferma, si entra senza scarpe e poi ci si accomoda su morbidi cuscini. Nessuno abita questa stanza, ma i fiori sono freschi ogni giorno ed ogni giorno c'è un profumo diverso. Ogni ospite troverà, al suo ingresso, una tazza di tè o di tisana a sua scelta ed una melodia discreta di flauti a fargli da benvenuto. La "stanza dei fiori" è un luogo di fascino e di mistero, così come è misteriosa la voce che accompagna i visitatori all'interno... Si narra di una voce femminile, dolce e piacevole, che ogni giorno attira tanti ospiti parlando della nostra quotidianità e delle superficialità dell'uomo di fronte alla saggezza ed alla grandezza della vita. Questa voce non ha un volto, rimane avvolta nel mistero... ma è proprio grazie a questo mistero che molti frequentatori della "stanza dei fiori" hanno lasciato la loro testimonianza di una vita ritrovata e più autentica. Così potrete fare anche voi: ogni volta che vorrete, prima di uscire dalla stanza, potrete lasciare qualcosa di scritto, un vostro pensiero o un vostro commento. Accanto ai cuscini vedrete dei piccoli libri con una cordicella ed una penna. Scrivete quello che volete dopo esservi rilassati nella "stanza dei fiori". ...E non dimenticate di portare con voi il profumo del vostro fiore preferito, prima di uscire. In questo modo, tutte le volte che tornerete nella stanza potrete ricordarvi il profumo che quel giorno vi avrà accompagnato e magari scrivere sul libro dei pensieri, all'uscita, il fiore di appartenenza. Ogni giorno avrà un profumo diverso... Benvenuti!